OPERAI DEL SOCIALE: ALLORA…COM’È ANDATA OGGI? A cura di Chiara
8 luglio 2016 - operai del sociale / Senza categoria
“Ciao ragazzi, come è andata oggi?”.
Da nove anni a questa parte (11 se contiamo anche l’anno di servizio civile e quello di volontariato-ricerca per la tesi) i miei pomeriggi cominciano con questa frase: sono educatrice presso il C.A.M di un piccolo paese e questo è il modo in cui ogni giorno faccio capire ai ragazzi che ciò che hanno fatto durante la giornata mi interessa, che le loro attività quotidiane sono importanti e che di sicuro, anche se non se ne sono accorti, durante la giornata sono cresciuti, sono maturati e hanno imparato qualcosa di importante. I loro racconti si assomigliano sempre e devo ammettere che ancora oggi mi stupisco di come ogni giorno attenda con gioia il resoconto quotidiano (spesso con più entusiasmo dei ragazzi), nonostante abbia ascoltato diverse generazioni di bambini ripetere storie molto simili tra loro: litigi col vicino di banco, fidanzamenti lampo, bei voti, brutti voti, tutto l’arcobaleno di emozioni bambine, le scoperte e le delusioni racchiuse in semplici frasi di poche parole.
Credo che gran parte del mio lavoro si possa riassumere nel veloce scambio di battute che tutti i giorni ci accompagnano nel tragitto tra la scuola e il centro: ci sei, ti vedo, e quello che mi racconti è importante. Una cosa da poco, a leggerlo potrebbe sembrare che chiunque, in qualunque momento, potrebbe farlo. E invece no, perché spesso alle emozioni bambine noi grandi non diamo peso, crediamo che passino, che siano poco importanti, che siccome i bambini non pagano le bollette, non devono preoccuparsi del bollo della macchina e nemmeno di che cosa votare al prossimo referendum, ciò che accade loro durante la giornata non sia degno di attenzione, perché le cose importanti arriveranno poi. Non li guardiamo mai in quanto bambini, per noi sono sempre “gli adulti di domani” come se il loro esistere nel presente fosse poca cosa rispetto a ciò che dovranno fare, dimostrare e ottenere nel futuro. Ecco, in tutti questi anni di lavoro credo che la cosa più grande che ho imparato sia questa: l’importanza di vedere i bambini, e i ragazzi nella loro dimensione presente, di sentire la grandezza del loro formarsi ogni giorno come persone, di vederne la quotidiana evoluzione.
Ci sei, ti vedo, e quello che mi racconti è importante.
Per arrivare a queste affermazioni mi ci sono voluti anni. Di studio, di cambiamento, di clamorosi errori. E potermi evolvere professionalmente in questo modo, diventare l’educatrice che sono oggi, pronta ad imparare ogni giorno, attenta e degna della fiducia dei ragazzi e delle famiglie, che ogni giorno crescono con me e che mi riconoscono come parte importante dello sviluppo dei loro figli è un grandissimo privilegio, concessomi soltanto dalla grande possibilità che mi è stata data: il tempo.
Come ho già detto lavoro nello stesso centro da 11 anni, conosco bene le famiglie, la struttura sociologica del paese, la mentalità della gente e i bisogni della comunità; tutto questo mi da la possibilità di programmare il lavoro, di garantire la continuità della relazione, di accrescere la fiducia che le famiglie ripongono in me e nel ruolo che ricopro (anche se ogni tanto i bambini mi chiedono ancora che lavoro faccio), e non è cosa da poco. A molti colleghi questo non è concesso, sono costretti a svolgere il loro lavoro meglio che possono, impostando relazioni che sono destinate alla precarietà, iniziando lavori che non potranno concludere, conquistando con fatica la fiducia delle famiglie, che vedono di anno in anno cambiare le facce di chi si occupa dei loro figli.
La continuità del lavoro mi permette di vedere, di capire se il modo in cui agisco è efficace e adeguato alle necessità dei bambini e dei ragazzi, perché nella maggior parte dei casi i risultati del nostro agire, la profondità del nostro influire nella crescita dei bambini , sono evidenti solo dopo anni di distanza, quando i bambini, ormai diventati grandi, ti incontrano per strada e ti raccontano la loro vita, il loro cambiamento e con la faccia piena di attesa, dopo anni di distanza aspettano la domanda “Allora? Come è andata oggi?”
Chiara