SILVIA MARIA MANFREDI, PRESIDENTE ISTITUTO PAULO FREIRE ITALIA: EDUCAZIONE E BENI COMUNI IN UN’OTTICA FREIRIANA

21 settembre 2015 - Blog

In occasione del Corso di Formazione che si terrà domani e mercoledì a Cuneo sulla Pedagogia del Desiderio di Paulo Freire, abbiamo chiesto a Silvia Maria Manfredi, Presidente dell’Istituto Paulo Freire Italia, di partecipare al nostro blog con una riflessione su come educare ai beni comuni oggi, in relazione anche all’impostazione pedagogica freiriana. Riportiamo qui di seguito il suo articolo.

Quello dei Beni Comuni è un concetto che può sembrare semplice: beni di tutti e per tutti. Esso acquisisce tuttavia una grande complessità socio-culturale se e quando lo immaginiamo inserito nei contesti della nostra vita quotidiana.

Il nostro universo simbolico, culturale e politico è oramai basato sulla valorizzazione della proprietà di beni personali, privati, non condivisibili, che servono a soddisfare bisogni particolari, individuali, alcune volte e se va bene, andando verso un cerchio non più allargato del circolo familiare. La società in cui viviamo è centrata sulla logica del mercato, dell’individualismo, in cui i servizi socio-educativi e sanitari sono gestiti in una logica di erogazione mercantilista e di gestione verticistica che non include i cittadini fruitori dei servizi. D’altra parte, chi ci lavora è sottoposto alla stessa logica, imperante nel resto dell’ingranaggio economico, sottomesso a contratti precari, altalenanti, discontinui, gestiti in modo unilaterale e verticista, che non sempre valorizza i percorsi di studio e professionali acquisiti, oppure l’esperienza acquisita durante la vita lavorativa. In sintesi politiche socio-educative decise dai poteri istituzionali ingessati, costruite senza la partecipazione dei cittadini comuni, che in molti casi non rispettano esigenze né diritti conquistati da altre generazioni.

E così, sia come professionisti del terzo settore, sia come cittadini fruitori siamo immersi in una rete di relazioni, processi e servizi segmentati, frammentati, insoddisfacenti.

Molti di noi si chiedono cosa si può fare per cambiare queste condizioni, com’è possibile dare un nuovo senso ai beni e servizi essenziali, conquistati come diritti, come si può fare in modo che certi beni socio-culturali, come l’istruzione, educazione, servizi assistenziali siano tutelati e promossi come beni appartenenti a tutti, opera costruita insieme, risultati di processi costituiti dai cittadini stessi, ossia dati dalla partecipazione e gestione comunitaria “dal basso”?

Questo sforzo collettivo richiede un ripensamento non solo socio-politico e culturale, ma anche e soprattutto educativo e pedagogico. Questo movimento di ricostruzione deve anche essere accompagnato da un percorso di educazione/formazione popolare, dei cittadini che vogliono partecipare a questo processo di ricostruzione di beni comuni.

A questo punto vorrei riproporre alcune premesse della Pedagogia Freiriana, non solo perché ho una grande identità con questo approccio, ma perché laddove fu messa in pratica, portò dei risultati esistenziali e sociali di rinnovamento e cambiamento. Di questa pedagogia, e possibilmente di altri approcci contemporanei emancipatori vorrei sottolineare alcune caratteristiche, che a mio avviso possono essere fondamentali nel processo di costruzione partecipato e condiviso di beni comuni.

La proposta di Paulo ha l’obiettivo di coinvolgere e di creare il desiderio e l’impegno ad agire per produrre trasformazioni e innovazioni culturali e sociali. Con questi obiettivi egli sviluppò una proposta ed un metodo che coinvolse i soggetti (educatori, cittadini, amministratori, tecnici) nel processo di ricerca e risoluzione dei problemi che affliggevano un gruppo, una comunità. Un metodo critico per conoscere, affrontare le situazioni, agire nel mondo.

Pensando a situazioni educative concrete che coinvolgono insegnamento/ apprendimento, l’atto di problematizzare, nella prospettiva freiriana, implica:

1. la proposta di situazioni (o tematiche) significative da essere analizzate (conosciute);

2. lo sviluppo di una strategia condivisa o di un metodo per orientare il processo di analisi delle situazioni e tematiche considerate significative.

3. partire dal presente per ripensare il domani ed il futuro in una prospettiva di emancipazione e trasformazione socio-culturale.

4. costruzione di circoli di incontro-dialogo (da lui denominati “circoli di cultura“), per discutere, progettare e decidere che azione fare insieme. Un spazio di incontro e dibattito integrato da una rete di relazioni ed interazioni sociali. Il gruppo come spazio collettivo favorisce la democratizzazione della parola, del sapere, e fornisce la struttura di base per lo sviluppo del lavoro intellettuale, in quanto produzione collettiva.

Concludo con le parole stesse di Freire:

Penso che dovremmo concepire il dialogo non solo come una tecnica che possiamo usare per conseguire dei risultati. Allo stesso modo non possiamo, non dobbiamo, intendere il dialogo come una tattica per fare amicizie […] Il dialogo è il momento in cui le persone si incontrano per riflettere sulla loro realtà così come la costruiscono e ricostruiscono […] Attraverso il dialogo, riflettendo insieme su quello che sappiamo e non sappiamo, possiamo, in seguito, agire criticamente per trasformare la realtà.”

Silvia Maria Manfredi, Presidente IPF Italia

Comments

  1. Hosting ha detto:

    Eu me chamo Silvia Maria Manfredi, eu nasci em Mondovi, provincia de Cueno, na Italia, em marco de 1946.

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